20 candeline per l’Organismo di Vigilanza nel Sistema 231
Il Decreto legislativo n. 231/2001, nato per orientare l’attività delle società alla prevenzione di reati commessi a vantaggio o nell’interesse della società stessa, compie vent’anni.
L’art. 6 del D.Lgs. 231/2001 prevede l’esonero dalla responsabilità amministrativa derivante dalla commissione di un reato per l’ente che si sia attivato per:
- l’adozione di un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire la commissione di reati.
- vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del modello, nonché di curarne l’aggiornamento ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo.
L’Organismo di Vigilanza – OdV – nel Sistema 231 detiene un ruolo centrale, ma le previsioni normative dedicate a questa figura sono davvero scarne. Il Legislatore si è limitato a fornire delle coordinate generiche circa i suoi compiti e il perimetro dei suoi poteri. Dopo vent’anni e grazie ad apporti della Giurisprudenza e della Dottrina, è possibile delineare i tratti caratteristici dell’OdV.
La nomina dell’OdV si ritiene spetti all’organo di gestione (ad esempio al Consiglio di Amministrazione), ma questa circostanza non comporta alcun vincolo di subordinazione.
L’organo di gestione che nomina l’OdV ne resta il principale interlocutore e destinatario delle comunicazioni sulle irregolarità o sulle situazioni di rischio potenziale che eventualmente riscontrata nello svolgimento dei propri compiti di vigilanza.
L’Odv può essere monocratico (avere un solo componente) o collegiale, essere composto da membri interni con o senza professionisti esterni; la scelta sulla composizione dipende essenzialmente dal contesto aziendale nel quale l’Organismo di Vigilanza si inserisce.
Poteri di iniziativa e controlli definiti dell’OdV
Per poter svolgere i compiti che gli sono affidati, l’OdV deve avere libero accesso a tutte le strutture aziendali e poter entrare in possesso di qualsiasi informazione che riguardi l’ente e la sua attività d’impresa.
Deve anche poter disporre della professionalità e dei supporti tecnici dell’Internal Audit e delle altre funzioni di controllo interno e la società deve dotarlo di un apposito budget operativo per l’eventuale conferimento di incarichi a consulenti esterni per verifiche su materie che esulano dalla sua competenza.
Queste condizioni minime sono essenziali per poter ritenere rispettata la previsione dell’art. 6 in merito agli “autonomi poteri di iniziativa e controllo”, che a loro volta sono indispensabili per ottenere, in caso sia necessario, un giudizio positivo sull’effettività del ruolo preventivo svolto dall’Organismo di Vigilanza nel Sistema 231.
Modello 231 e reputazione digitale, quali connessioni?
In base al decreto legislativo n. 231 del 2001, una società, e in generale una persona giuridica o un’associazione senza personalità giuridica, può essere ritenuta responsabile per i reati commessi, a vantaggio o nell’interesse della stessa, dalle persone fisiche che la rappresentano a vario titolo o agiscono per suo conto. Trattasi di responsabilità amministrativa dipendente da reato e le sanzioni previste possono essere sia pecuniarie, da un minimo di 25.000 a un massimo di 1.500.000 euro e calcolate con il sistema delle quote, sia interdittive, con esclusione di agevolazioni, finanziamenti, contributi, oltre ovviamente ai danni alla reputazione e all’immagine dell’azienda colpita, atteso che le sentenze di condanna sono pubbliche.
Le società che intendono proteggersi rispetto a questi rischi devono quindi creare un vero e proprio sistema di gestione e controllo avente lo scopo di prevenire la commissione di determinati reati, quelli appunti previsti dal D.lgs. 231/2001. In particolare, devono:
1) adottare un modello organizzativo, il citato Modello 231, che identifica i rischi di commissione dei reati connessi alle proprie attività da parte di soggetti apicali o sottoposti;
2) nominare l’Organismo di Vigilanza (ODV), cioè l’organo preposto al controllo del funzionamento ed osservanza del modello;
3) adottare un Codice etico, un documento che individua i principi e le norme di comportamento che tutti i soggetti che operano all’interno della società sono tenuti a rispettare.
In linea generale, quanti intendono partecipare a gare d’appalto o creare partnership commerciali con le società che hanno adottato il Modello 231 devono essere in linea con il Codice Etico dalle stesse predisposto.
Uno dei punti cruciali del Codice Etico riguarda, infatti, la gestione dei rapporti della società che lo adotta con i terzi, che sono non soltanto i funzionari o gli enti pubblici, ma anche altri operatori commerciali, per i quali è richiesta l’assenza di coinvolgimento in indagini/procedimenti penali. Ed è qui che può entrare in gioco il tema della reputazione online.
Gli Amministratori delegati, i Presidenti o in generale i soggetti che rappresentano società sono esposti a determinati rischi “connessi” al delicato ruolo ricoperto e, in generale, al loro “profilo professionale”, questi rischi talvolta possono sfociare in procedimenti penali e in generale inchieste giudiziarie che possono vederli coinvolti, anche se soltanto per atto dovuto, e rispetto alle quali, magari dopo molti anni, possono essere stati dichiarati estranei. In altri casi, si tratta di soggetti che hanno in tempi non recenti commesso degli “errori” ma, assumendosene la responsabilità, sono stati in grado di farvi fronte e rimettersi in gioco, riabilitando la propria reputazione “offline”.
Il web non dimentica, bisogna attivarsi perché lo faccia, monitorando e aggiornando la propria reputazione anche on line.
In assenza di tale attività, infatti, i motori di ricerca continuano ad associare alla persona che ricopre o ha ricoperto cariche societarie notizie relative a vicende giudiziarie obsolete o, peggio ancora, non aggiornate a successivi provvedimenti favorevoli.
Trattandosi di notizie “pubbliche”, chi rappresenta una società e, suo malgrado, presenta delle criticità rispetto alla propria reputazione on line, è esposto al rischio di essere “segnalato” all’Organismo di Vigilanza della Società con la quale ha in essere dei rapporti commerciali perché ritenuto non in linea con il Codice Etico dalla stessa adottato.
La segnalazione può appunto consistere in una denuncia anonima al collegio di vigilanza della società con cui è stato concluso o si sta per concludere un contratto o una parternship, rappresentata dell’elenco di link associati dai motori di ricerca al nominativo del soggetto “segnalato” e riportanti articoli on line relativi a vicende giudiziarie obsolete o comunque non aggiornate al positivo eventuale sviluppo delle stesse, che può essere dato da un provvedimento di archiviazione o da una sentenza di assoluzione.
Il soggetto “segnalato” può essere invitato in via precauzionale ad autosospendersi dalla carica ricoperta e la società dallo stesso rappresentata invitata a non partecipare alle gare di appalto o alle manifestazioni di interesse dell’ente al quale è pervenuta la segnalazione, con evidenti notevoli danni economici per l’attività facente capo al primo.
Come difendersi in casi simili?
Occorrerà al più presto dare conto di eventuali sviluppi positivi delle inchieste o procedimenti giudiziari oggetto della segnalazione, qualora non menzionati nelle relative notizie, e produrre tutta la documentazione processuale a supporto (sentenze di assoluzione, decreti di archiviazione, carichi pendenti e casellari giudiziari), il che può includere anche il Certificato dei carichi pendenti degli illeciti amministrativi dipendenti da reato ex art. 31, d.P.R. 313/2002 o il certificato iscrizioni relative all’Ente nel registro delle notizie di reato ex 335 c.p.p.. Bisogna contemporaneamente attivare gli strumenti legali per fare in modo che tutte le notizie che compromettono la reputazione on line del soggetto segnalato siano rimosse dai motori di ricerca.