“Due italiani su tre ritengono che la ripresa del nostro paese non possa prescindere dallo sviluppo green e dalla lotta al cambiamento climatico. E oltre il 50% della popolazione è convinto che la transizione energetica possa creare nuovi posti di occupazione”: questi due dati, citati dal presidente di Ipsos Nando Pagnoncelli, mettono in luce la grande apertura collettiva verso le energie rinnovabili, con la consapevolezza diffusa del loro ruolo essenziale per il futuro e con un cambiamento culturale che pare già in buona parte avvenuto.
Transizione energetica
Come ha spiegato Pagnoncelli, “I vantaggi secondo gli italiani non riguardano solo la tutela della salute della collettività e la protezione dell’ambiente, ma il 38% delle persone ha anche aspettative di risparmio, e il 22% pensa di poterne ottenere dei guadagni concreti in termini economici”.
Uno degli aspetti centrali per la trasformazione energetica, e quindi per la transizione ecologica in generale, è costituito dalla rete elettrica nazionale.
Dalle terre rare ai comportamenti individuali
Molto spesso nelle cronache giornalistiche si parla della carenza di terre rare, e in particolare della scarsità di risorse primarie per supportare la transizione energetica e il processo di innovazione. Ha cercato di fare chiarezza sull’argomento Nicola Armaroli, dirigente del Cnr: “Anzitutto, occorre chiarire che le terre rare sono un gruppo ben definito di elementi chimici (lantanidi, ittrio e scandio) e non sono presenti ovunque nelle tecnologie energetiche. Per esempio, non si trovano nelle batterie agli ioni di litio. In realtà, le terre rare sono molto più abbondanti di tanti altri elementi chimici che conosciamo molto bene, come per esempio l’argento, il rodio o lo zinco”. Non a caso, infatti, il loro nome deriva dalla conoscenza che se ne aveva in passato: “Si chiamano così principalmente per motivi storici, e perché questi elementi sono raramente trovati in concentrazioni elevate per essere sfruttati in maniera economicamente conveniente”, almeno secondo gli standard tradizionali.
Insomma, se da un lato il problema delle risorse primarie sembra non spaventare più di tanto, dall’altro preoccupa la disponibilità di dispositivi da parte dell’industria, e questo tema apre le porte a una delle principali sfide del prossimo futuro. “In termini numerici, nei prossimi 10 anni dovrebbe aumentare di almeno 6 volte la produzione di pannelli fotovoltaici e di 20 volte la produzione di batterie al litio”, ha aggiunto Armaroli. “Non è affatto banale che l’industria mondiale riesca ad avere questa accelerazione improvvisa nel giro di così poco tempo”.
Sempre rimanendo in tema di sfide e obiettivi per i prossimi anni, un punto certamente decisivo è l’aiutare le persone ad avere comportamenti virtuosi, sia attraverso una maggiore comprensione dell’impatto delle singole azioni individuali sia attraverso idee innovative che promuovano il cambiamento aziendale. “In generale le persone vogliono saperne di più, ma non sanno da dove iniziare per informarsi correttamente, si sentono in dovere di fare qualcosa ma sono convinte di essere sole in questa battaglia e non riescono a misurare l’impatto delle proprie azioni”.
Tra gli aspetti negativi emerge il disimpegno morale, ossia l’essere a conoscenza dei comportamenti che sarebbero giusti da adottare, ma con qualcosa che impedisce di metterli in atto. Una dinamica che dipende dal fatto che siamo delle creature abitudinarie e non siamo predisposti al cambiamento. Per cambiare davvero servono energie e risorse, anche economiche”. Partendo da queste considerazioni, si è detto, diventa essenziale riuscire a creare un modello integrato che non solo crei consapevolezza, ma che possa incentivare, anche dal punto di vista finanziario, una svolta.
Etica e compromessi della transizione energetica
Ulteriore attenzione è stata rivolta verso l’approvvigionamento energetico in un contesto internazionale e globale, a partire da una fotografia delle attuali fonti utilizzate. Come ha spiegato Anne-Sophie Corbeau del Center on Global Energy Policy, nel prossimo futuro “dovrà esserci un compromesso tra energia nucleare e gas naturale, e sul nucleare stesso ci sono discussioni e pareri divergenti su quanto sia una fonte sostenibile e quanto invece possa essere solo una forma energetica temporanea, valida nella prima fase di transizione dalle fonti fossili”.
Ma il tema non è solo capire quale tipologia di fonti energetiche adoperare, specialmente nella complessa fase di transizione, ma anche entrare in possesso di affidabili valutazioni quantitative. “C’è bisogno di più trasparenza sulle reali emissioni di gas serra”, ha aggiunto, “perché oggi abbiamo quantificazioni abbastanza affidabili sulle emissioni di anidride carbonica, ma per il metano – per esempio – c’è molta più incertezza su quali siano i reali valori delle emissioni”. Questo ha molto a che fare anche con gli obiettivi di sostenibilità che vengono fissati, dato che solitamente indicano una percentuale di riduzione delle emissioni: “Ma se non abbiamo contezza con precisione del punto di partenza, non possiamo nemmeno definire in questo modo il nostro traguardo”, ha concluso Corbeau.
Infine, attenzione alle ambiguità, si è detto. “Oggi Tesla non è un’azienda automobilistica, ma un’impresa tecnologica, che nel suo operare coinvolge nuove infrastrutture, fonti di energia, mindset e cultura, che arriva a cambiare il modo stesso di usare l’auto”. Un cambio di paradigma, perché non ha creato una macchina ma una nuova fonte di energia, una nuova manifattura e nuove tecnologie per aumentare l’efficienza. Più in generale, oggi abbiamo l’opportunità, se riusciamo a superare una serie di sfide, di ricreare il panorama del nostro pianeta, e il modo in cui lo faremo dipende da quale e quanta energia utilizziamo. Questo è, in fin dei conti, il valore in gioco con la transizione energetica che abbiamo di fronte, nel 2022 e negli anni a venire.