La dimensione umana della reputazione aziendale

L’effetto che le nostre azioni, materiali e immateriali, fanno sugli altri è fondamentale per gli individui, le imprese e i Paesi. La reputazione è una variabile particolarmente sensibile per il nostro Paese, i cui punti di forza sono l’arte, la bellezza, l’ospitalità, la buona cucina, vettori reputazionali costruiti nel tempo lungo della storia. Il più delle volte l’immagine che abbiamo di noi stessi coincide con quella che riusciamo a veicolare, ma questa identità può essere facilmente intaccata.

Cosa vorremmo che gli altri pensino di noi?

La reputazione può essere suddivisa in varie dimensioni: affidabilità, prestigio, competenza, competitività, strategia e capacità di visione, identità e responsabilità.

Recuperare velocemente il “capitale reputazionale” dell’Italia è indispensabile per conservare un posizionamento internazionale per non perdere l’accesso a cerchie politiche decisive per essere riconosciuti per ciò che siamo – una potenza medio-piccola che esiste solo nel quadro di un’Europa più coesa e autorevole. All’atto pratico, dare dell’Italia un’immagine di un Paese serio, coeso. Dobbiamo diventare esempio di come opera una democrazia grazie all’abnegazione, alla solidarietà e al rispetto volontario di qualche limitazione alle libertà individuali.

Da uno studio pubblicato dal Sole 24 Ore nell’ambito della misurazione e advisory sulla reputazione aziendale, che ha coinvolto quasi 70 mila persone in 15 Paesi del mondo, emerge come ormai il 63% dei consumatori preferisca acquistare da aziende con un’eccellente reputazione e che il 47% dei clienti delusi oggi cambia molto più repentinamente del passato le proprie scelte d’acquisto. Sul fronte aziendale solo nell’ultimo anno le realtà con una reputazione eccellente sono aumentate dall’8% al 17%.

La reputazione vista dai dipendenti è passata dal 77,7 del 2019 all’80,8 nel 2020. Le iniziative “product driven”, cioè focalizzate su prodotti e servizi, hanno un impatto medio di +1,9 punti sulla reputazione mentre quelle “society driven”, allargate quindi alla comunità, hanno un impatto medio di +2,5 punti. Le iniziative “purpose driven”, quelle che toccano sia il business che la collettività, riescono ad aver un impatto medio di + 8,1 punti sulla reputazione.

Oltre il business

Un’evoluzione di sensibilità si riscontra soprattutto sulle fasce più giovani: 9 millennial su 10 ritengono centrale l’investimento in Esg, ossia in environmental, social e governance. Si tratta di quelle iniziative etiche, sociali, ambientali che vanno oltre il business.

Le attività immateriali continuano ad aumentare, considerate rilevanti per il 90% del valore di mercato ed è così che i criteri Esg diventano un moltiplicatore della reputazione.

Aziende italiane

Nel 2020 la reputazione delle aziende in Italia è cresciuta di 2,3 punti in tutti i settori. Ad accelerare sono stati i comparti della salute (+3,3), le telecomunicazioni (+2,8), i servizi finanziari (+2,6), il food& beverage (+2,6).

Il Ceo di Borsa Italiana, Raffaele Jerusalmi, afferma che la maggior parte delle aziende quotate ha una valutazione che dipende per il 70-75% da quello che è il suo valore intangibile, mentre trent’anni fa il valore era legato al 95% ai physical asset.

Sempre più aziende stanno integrando metriche reputazionali all’interno dei sistemi di gestione per obiettivi di management o alle performance sociali e ambientali. Un modo per ottenere una buona reputazione sta nell’agire per essere ciò che si desidera apparire.

Fonte. La reputazione cambia identità: nei brand la dimensione umana, il Sole 24 Ore.